È stata riconosciuta una nuova forma di diabete insulino-dipendente, questa si verifica in pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia con farmaci inibitori del check-point.
Gli inibitori del checkpoint sono anticorpi monoclonali che bloccano le molecole di checkpoint – come la proteina CTLA-4 (Cytotoxic T-Lymphocyte Antigen 4) e il PD-1 (programmed cell death 1) – e che hanno rivoluzionato il trattamento del cancro grazie alla loro capacità di migliorare la sopravvivenza, in un numero sempre maggiore di neoplasie.
Sebbene gli anticorpi monoclonali contro CTLA-4 e PD-1 aumentino la distruzione delle cellule tumorali, consentendo l’attivazione di cellule T reattive ai tumori, possono anche provocare eventi avversi correlati al sistema immunitario che coinvolgono organi come la ghiandola pituitaria, la tiroide, le ghiandole surrenali e le cellule β produttrici di insulina del pancreas.
Il diabete indotto da inibitori del checkpoint rappresenta un diabete insulino-dipendente di nuova insorgenza, che è spesso acuto e si verifica più comunemente dopo il trattamento con anticorpi monoclonali anti-PD-1 (es. nivolumab). Attraverso i dati di due studi clinici è stato osservato che l’incidenza del diabete in soggetti trattati con gli inibitori del checkpoint è pari allo 0,9%, tuttavia il crescente aumento dell’utilizzo di questi farmaci porterà anche a un aumento di casi di diabete nei soggetti trattati.
Il diabete indotto da inibitori del checkpoint è stato segnalato in pazienti affetti da 13 differenti tipologie di tumore e più frequentemente in pazienti con melanoma maligno (prima indicazione approvata per gli inibitori del check-point),
L’insorgenza clinica del diabete indotto da questi farmaci è tipicamente acuta, con un aumento precipitoso e marcato della concentrazione di glucosio nel sangue; il tempo mediano di insorgenza del diabete è circa 11 settimane dopo l’inizio del trattamento chemioterapico, con un valore di HbA1c medio, alla diagnosi, di 9,10. La chetoacidosi diabetica è stata osservata nel 75% dei pazienti e il peptide C era inferiore al normale o non rilevabile nel 91% dei pazienti.
Valori elevati di lipasi o amilasi sono stati riportata nel 32% dei pazienti, senza altri segni clinici di pancreatite, suggerendo che i processi infiammatori nel pancreas esocrino potrebbero avere un ruolo nell’insorgenza della malattia.
La terapia insulinica è necessaria per quasi tutti i pazienti con diabete indotto da inibitori del checkpoint, pertanto, sarà importante avvertire i pazienti circa il rischio di questo effetto collaterale permanente prima dell’inizio della chemioterapia.
Obiettivo degli studi futuri sarà quello di capire la correlazione tra una buona risposta antitumorale agli inibitori del check-point e lo sviluppo di eventi avversi correlati al sistema immunitario.