Una nuova tecnologia potrebbe permettere di determinare il grado di tossicità epatica dei nuovi farmaci già dalle prime fasi di sviluppo, riducendo notevolmente i tempi e i costi, ma anche, potenzialmente, il numero di molecole scartate nelle fasi di sperimentazione pre-clinica.
La European Medicines Agency e la US Food and Drug Administration richiedono che la sicurezza dei nuovi farmaci venga testata su modelli animali, murini e non (in genere ratti e cani), prima di poter spostare la ricerca sull’essere umano.
La sperimentazione su animali è un tema dolente, estremamente dibattuto, che mette spesso in contrapposizione la comunità scientifica e il vasto pubblico; purtroppo, però, si tratta, ad oggi, di un passo strettamente necessario per permettere lo sviluppo di nuove molecole e garantire la sicurezza dei farmaci, dei cosmetici e qualsivoglia sostanza ad uso umano.
Numerose sono le criticità emerse nel tempo: si calcola che i test su ratti e cani siano in grado di predire correttamente solo il 71% delle tossicità nell’uomo. Inoltre, laddove i danni a carico del sistema gastrointestinale, ematologico e cardiovascolare trovano generalmente una alta concordanza tra le varie specie, lo stesso non si può dire per la tossicità epatica.
La tecnologia Organ-on-Chips permette di ricreare il microambiente tridimensionale degli organi umani, riproducendo l’architettura multicellulare, l’interfaccia tra due tessuti, la perfusione vascolare e il flusso dei fluidi, e altre caratteristiche importanti della fisiologia di un organo. Ad oggi, questa tecnologia è stata in grado di simulare piuttosto fedelmente la fisiopatologia di tessuti quali polmone, intestino e rene.
Un team composta da ricercatori universitari e appartenenti ad aziende farmaceutiche ha messo a punto un chip il grado di riprodurre il microambiente epatico, su tre modelli specie-specifici: umano, ratto e cane. Per verificarne l’efficacia e l’applicabilità nella sperimentazione clinica, il gruppo ha testato l’epatotossicità da bosentan, un noto agente tossico in grado di danneggiare il fegato umano ma non quello murino e canino.
L’impresa ha avuto buon esito: come c’era da aspettarsi, il chip umano, inserito in un contesto con concentrazioni di bosentan analoghe a quelle plasmatiche in vivo, ha subito un danno citotossico, al contrario delle altre due tipologie. Ulteriori test, eseguiti con altre sostanze, hanno confermato la capacità di questi chip di mettere in evidenza la tossicità specifica a livello di fegato umano.
Gli autori concludono che questa tecnologia potrà essere utilizzata in futuro per testare la sicurezza dei farmaci sin dalle prime fasi di sviluppo pre-clinico, oltre che contribuire a creare modelli patogenetici e patofisiologici per le malattie e determinare meccanismi d’azione.
Jang K-J et al.”Reproducing human and cross-species drug toxicities using a Liver-Chip”
Science Translational Medicine, 2019. doi: 10.1126/scitranslmed.aax5516