Il numero di casi di tossicità epatica associata ad integratori alimentari, in particolare quelli contenenti curcuma, sembra essere in aumento negli ultimi anni. Analizziamo in dettaglio qual è il rischio effettivo.
La curcuma è una spezia molto utilizzata in cucina dai tempi più remoti, ma è nota anche per le sue presunte proprietà terapeutiche, in particolare quella antitumorale, antimicrobica, antinfiammatoria, e antiossidante. Occorre sottolineare, però, che dalle sperimentazioni cliniche effettuate fino ad oggi non sono emerse sufficienti evidenze a favore del ruolo terapeutico della curcuma.
Detto questo, essa è presente in numerosi integratori alimentari, ed è considerata fondamentalmente non tossica nell’uomo. Effettivamente, numerosi studi clinici ne hanno valutato il profilo di sicurezza, riportando che con un utilizzo di 6 grammi al giorno per 4-7 settimane non sono stati riscontrati effetti tossici significativi, salvo disturbi minori di natura gastrointestinale. Il principio attivo principale è rappresentato dalla curcumina, la quale ha mostrato a sua volta sicurezza nell’uomo a dosi di 500mg due volte al giorno per 30 giorni, dosi peraltro ben al di sopra dei 3mg al giorno consigliati dalla European Food Safety Administration (EFSA).
Negli ultimi anni, sono emerse preoccupazioni in letteratura riguardo ad una possibile associazione tra l’utilizzo di integratori alimentari a base di curcuma e danno epatico o colestasi, ovvero epatiti di tipo non infettivo.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze ha preso in considerazione le segnalazioni di evento avverso da farmaco presenti nel database di fitovigilanza italiana, per poi descrivere più nello specifico i casi avvenuti nella regione Toscana. Su 73 segnalazioni di sospetti eventi avversi da curcuma effettuate in Italia fino a settembre 2019, 37 riportano una forma di danno epatico. In Toscana, tra dicembre 2018 e luglio 2019 sono emersi 7 casi di danno epatico (di cui 6 in pazienti di sesso femminile), in pazienti che assumevano integratori a base di curcuma con dosaggi tra i 250 e i 1812.5 mg al giorno per un periodo tra le 2 settimane e gli 8 mesi.
Successivamente, i ricercatori hanno condotto una revisione sistematica della letteratura scientifica, riscontrando 13 articoli per un totale di 23 casi clinici in cui veniva descritta una associazione tra curcuma e danno epatico. In quasi tutti i casi, i pazienti facevano uso di almeno un altro farmaco, parallelamente alla curcuma. In compenso, per 17 di questi pazienti la sospensione dell’integratore ha determinato un miglioramento del quadro clinico (cosiddetto de-challenge positivo), confermando una possibile relazione causale con la curcuma.
Secondo gli autori, sulla base di questi risultati, il danno epatico associato a integratori alimentari a base di curcuma rappresenta un rischio concreto, che necessita di particolare attenzione da parte della comunità medica. Inoltre, le autorità regolatorie dovrebbero promuovere percorsi di controllo di qualità e sicurezza prima della commercializzazione di tali prodotti, oltre ad intensificare lo sforzo in fase port-commercializzazione per quel che riguarda la sorveglianza. Anche i pazienti dovrebbero fare la propria parte, comunicando tempestivamente ai propri medici e farmacisti l’eventuale assunzione di integratori alimentari e farmaci da banco.
Lombardi N, Crescioli G, Maggini V, et al. Acute liver injury following turmeric use in Tuscany: An analysis of the Italian Phytovigilance database and systematic review of case reports.
Br J Clin Pharmacol. 2020;1–13. https://doi.org/10.1111/bcp.14460