Aumentato rischio di Herpes Zoster in pazienti con artrite reumatoide in trattamento con Upadacitinib

L’herpes zoster è una comune e debilitante condizione causata dalla riattivazione del virus della varicella zoster ed è spesso caratterizzato da rash cutaneo vescicolare doloroso.

Nella popolazione generale il rischio di manifestare herpes zoster è attorno al 30% e presenta una maggiore incidenza nei soggetti anziani e negli immunodepressi.

Una complicanza importante dell’HZ è la nevralgia postherpetica, in cui il dolore persiste per mesi o anni dopo la risoluzione dell’eruzione cutanea ma, oltre alle manifestazioni cutanee, può causare disturbi neurologici come la meningoencefalite, manifestazioni oculari come uveiti e cheratiti e compromissione di altri organi e apparati quali polmoni e tratto gastro-intestinale.

I pazienti con artrite reumatoide presentano un rischio quasi doppio rispetto alla popolazione generale e tale rischio può essere ulteriormente aumentato dalle terapie immunomodulatorie prescritte per il trattamento dell’AR, come i glucocorticoidi e alcuni farmaci antireumatici modificanti la malattia (b-DMARD).

L’Upadacitinib è un inibitore orale della Janus chinasi (JAK) progettato per avere maggiore selettività per JAK1 rispetto a JAK2, JAK3 e TYK2 ed è approvato per il trattamento dell’AR alla dose di 15 mg una volta al giorno.

I tassi di incidenza/evento per l’herpes zoster sono stati determinati nei pazienti che ricevevano Upadaticinib (in monoterapia o terapia combinata) in sei studi randomizzati di fase III (cut-off dei dati il 30 giugno 2020) e confrontati anche con dati di pazienti che ricevevano metotrexato in monoterapia e adalimumab + metotrexato.

In questa analisi sono stati inclusi un totale di 5306 pazienti dei quali, 314 hanno ricevuto metotrexato in monoterapia, 579 adalimumab+metotrexato, 3209 Upadaticinib 15 mg e 1204 Upadaticinib 30 mg. Il tasso di incidenza di HZ/100 pazienti per anno è stato 0,8 (da 0,3 a 1,9) nella monoterapia con metotrexato, 1,1 (da 0,5 a 1,9) nella terapia con adalimumab + metotrexato , 3,0 (da 2,6 a 3,5) con upadaticinib da 15mg e 5,3 (da 4,5 a 6,2) con upadaticinib da 30 mg . La maggior parte dei pazienti erano donne e la fascia d’età media è stata tra il 53,3 e i 61,1 anni.

Nei gruppi trattati con Upadaticinib da 15 e da 30 mg, si è verificata una forma severa di herpes zoster rispettivamente nello 0,3% e nell’1,2 % dei casi. La forma disseminata, con solo interessamento cutaneo, si è verificata nel 5,9% dei casi con la formulazione da 15 mg e nel 7,3% con la formulazione da 30 mg. In circa il 75% dei pazienti la manifestazione herpetica ha interessato un singolo dermatomo.

Pregresse manifestazioni di herpes zoster e l’etnia asiatica, che in generale sembra avere un tasso più elevato di herpes zoster rispetto alle altre popolazioni, sono stati fattori di rischio importanti nei pazienti in trattamento con upadaticinib.

In conclusione, è stato quindi evidenziato un incrementato rischio di manifestazione di herpes zoster in pazienti in cura con upadaticinib, rispetto a pazienti trattati con metotrexato e adalimumab + metotrexato; un maggiore rischio in pazienti a cui è stata somministrata una dose da 30mg rispetto a quella da 15 mg; un incremento del rischio, infine, nei pazienti di provenienza asiatica e che hanno già avuto in passato manifestazioni erpetiche.

Bibliografia

Winthrop KL, Nash P, Yamaoka K, Mysler E, Khan N, Camp HS, Song Y, Suboticki JL, Curtis JR. Incidence and risk factors for herpes zoster in patients with rheumatoid arthritis receiving upadacitinib: a pooled analysis of six phase III clinical trials. Ann Rheum Dis. 2022 Feb;81(2):206-213.

Leggi qui l’abstract dell’articolo.

Il Tofacitinib è associato ad una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari e neoplasie

Tofacitinib (nome commerciale: Xeljanz) è un inibitore della Janus chinasi (JAK) autorizzato per il trattamento dell’artrite reumatoide, dell’artrite psoriasica e della colite ulcerosa.

Lo studio ORAL Surveillance (A3921133) è un ampio studio clinico di sicurezza clinica randomizzato, con controllo attivo , per valutare la sicurezza di tofacitinib rispetto agli inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF)-alfa.

E’ uno studio che ha coinvolto 4.362 pazienti (952 uomini e e 3410 donne) con artrite reumatoide di età pari o superiore a 50 anni (>50 <88 anni) con risposta inadeguata al solo Metotrexato e con almeno un ulteriore fattore di rischio cardiovascolare. Del totale dei partecipanti 1455 hanno ricevuto una dose di tofacitinib da 5 mg 2 volte al giorno, 1456 hanno ricevuto una dose di farmaco di 10mg due volte al giorno e i restanti 1461 hanno ricevuto un inibitore del TNF alpha (etanercept, 50 mg una volta alla settimana per via sottocutanea o adalimumab, 40 mg una volta ogni due settimane per via sottocutanea).

Lo studio è stato condotto in 30 paesi in Africa, Asia, Australia, Europa, Nord America e Sud America da Marzo 2014 a Luglio 2020 .

Nel 2021, i risultati finali dello studio A3921133 hanno mostrato che tofacitinib è associato ad una maggiore incidenza di infarto miocardico non fatale e tumori maligni, in particolare cancro ai polmoni e linfoma.

In particolare è stato evidenziato:

– un aumento dell’infarto miocardico non fatale nei pazienti trattati con tofacitinib (hazard ratio (HR) per dosi combinate di tofacitinib rispetto agli inibitori del TNF-alfa 2,20 (IC al 95% da 1,02 a 4,75)). Questi calcoli si basavano su eventi che si verificavano durante il trattamento o entro 60 giorni dall’interruzione del trattamento. Fattori predittivi per lo sviluppo dell’infarto non fatale sono stati: l’età superiore ai 65 anni, il sesso maschile, il fumo, diabete e malattie cardiovascolari pregresse. Questi rischi sono associati sia alla dose di 5 mg due volte al giorno che alla dose di 10 mg due volte al giorno (che è approvata solo nella colite ulcerosa).

-un aumento delle neoplasie maligne (con l’analisi che esclude il cancro della pelle non melanoma), in particolare il cancro del polmone e il linfoma, nei pazienti trattati con tofacitinib rispetto agli inibitori del TNF-alfa (HR per dosi combinate di tofacitinib 1,48 (IC 95% da 1,04 a 2,09)). Questi calcoli si basavano su eventi verificatisi durante il trattamento o dopo l’interruzione del trattamento fino alla fine dello studio.

Tumori polmonari e linfoma in pazienti trattati con tofacitinib sono stati osservati anche in altri studi clinici e nel contesto post-marketing

Bibliografia:

Phase 3b/4 randomized safety endpoint study of 2 doses of tofacitinib in comparison to a tumor necrosis factor (TNF) inhibitor in subjects with rheumatoid arthritis.

Ytterberg S, Bhatt D, Mikuls T, et al. Safety and Efficacy of Tofacitinib vs TNF Inhibitors in RA Patients Aged 50 Years or Older with One or More Cardiovascular Risks: Results from a Phase 3b/4 Randomized Safety Trial . Arthritis Rheumatol. 2021; 73 (suppl 10).

Atti del XXX Seminario Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità. Vaccini anti-Covid e alterazioni del ciclo mestruale.

Di seguito viene riportato il secondo abstract pubblicato dal Centro Regionale di Farmacovigilanza della Sardegna.

Vaccini anti-Covid e alterazioni del ciclo mestruale: i dati del Centro Regionale di Farmacovigilanza Sardegna 

Enrica Maria Puddu1,2, Flavia Colombo1,2, Giovanni Ambu1,2, Lorenzo Anania1,2, Alberto Boccalini1,2, Emanuela Elena Cau1,2, Alessandra Ferrari1,2, Daniele Pala1,2, Giulia Rapallo1,2, Silvia Ussai1,2, Caterina Chillotti2, Arianna Deidda2, Maria Erminia Stochino2 

1 Sezione di Neuroscienze e Farmacologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Cagliari, Cagliari, Italia 

2 Centro Regionale di Farmacovigilanza Sardegna, Unità Complessa di Farmacologia Clinica, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Cagliari, Italia 

Introduzione 

I vaccini anti-Covid approvati in Italia sono: Comirnaty, Spikevax, Vaxzevria e Janssen. 

Al 26/08/2021, risultano nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza 91.360 segnalazioni di evento avverso successivo alla vaccinazione, su un totale di 76.509.846 dosi di vaccino, e il 72% di esse riguarda le donne. Per quanto concerne la Regione Sardegna, al 30/09/2021 le segnalazioni totali sono 2435, di cui il 63,4% interessano soggetti di sesso femminile. 

I Riassunti delle Caratteristiche del Prodotto di tali farmaci riportano differenti reazioni avverse, tra queste non risultano note le alterazioni a carico dell’apparato riproduttivo femminile; nondimeno, di recente l’Agenzia del Farmaco francese ha emesso un alert circa le segnalazioni riguardanti alterazioni del ciclo mestruale e analogamente, le segnalazioni pervenute al Centro Regionale di Farmacovigilanza Sardegna hanno suscitato un interesse relativo a tali reazioni avverse. 

Metodi 

Sono state analizzate le segnalazioni di sospetta reazione avversa presenti nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza, relative alla regione Sardegna, nel periodo compreso tra il 27 dicembre 2020 e il 30 settembre 2021 e sono state estratte quelle riguardanti alterazioni del ciclo mestruale provenienti da donne sottoposte a vaccinazione anti-Covid. 

Risultati 

Sono state raccolte in totale 44 segnalazioni (età media 40 anni). La maggioranza riguarda Comirnaty, con 35 segnalazioni, di cui 34 non gravi, concernenti cicli mestruali anormali in durata e flusso, amenorrea, dismenorrea e metrorragia; un caso è stato codificato come grave, ma l’amenorrea segnalata si accompagnava a reazioni di ipersensibilità. Cinque segnalazioni sono relative a Vaxevria, con manifestazioni analoghe a quelle evidenziate per Comirnaty; in un caso la paziente era in trattamento con Tamoxifene. Per Spikevax sono stati segnalati quattro casi, di cui uno riporta la comparsa di sanguinamento in paziente in menopausa da tre anni. 

Conclusioni 

La differente distribuzione di segnalazioni tra i vaccini in uso è da spiegarsi in relazione sia alla Circolare del Ministero della Salute, che raccomanda un uso preferenziale del vaccino Vaxzevria nella popolazione al di sopra dei 60 anni di età, sia alla maggiore somministrazione di vaccini Comirnaty nella popolazione generale. 

Le cause che possono determinare alterazioni del ciclo mestruale sono composite e risulta pertanto difficile poter stabilire un eventuale nesso di causalità tra tali reazioni e le vaccinazioni anti-Covid. A tal proposito, l’Agenzia Europea del Farmaco, nel rapporto di sicurezza sui vaccini dell’8 settembre 2021, ha dichiarato che non vi sono evidenze sulla possibilità di relazione causale tra disordini mestruali e vaccino Vaxzevria. Tuttavia, in considerazione degli eventi avversi finora emersi, sono auspicabili ulteriori approfondimenti. 

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Atti del XXX Seminario Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità – Sindrome DRESS: confronto tra i dati italiani ed europei di Farmacovigilanza.

Il Centro Regionale di Farmacovigilanza ha inviato i suoi contributi scientifici che sono stati pubblicati nel libro degli abstract.

Il primo abstract viene presentato qui di seguito.

SINDROME DRESS: CONFRONTO TRA I DATI ITALIANI ED EUROPEI DI FARMACOVIGILANZA

Pala Daniele (a,b), Ambu Giovanni (a,b), Anania Lorenzo (a,b), Boccalini Alberto (a,b), Cau Emanuela Elena (a,b), Ferrari Alessandra (a,b), Puddu Enrica Maria (a,b), Rapallo Giulia (a,b), Ussai Silvia (a,b), Chillotti Caterina (b), Deidda Arianna (b), Stochino Maria Erminia (b)

(a) Sezione di Neuroscienze e Farmacologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi, Cagliari; (b) Centro Regionale di Farmacovigilanza Sardegna, Unità Complessa di Farmacologia Clinica, Azienda Ospedaliero Universitaria, Cagliari

Introduzione.

La sindrome DRESS (Reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici) appartiene alla categoria eterogenea delle sindromi sistemiche di ipersensibilità a farmaci e si sviluppa come conseguenza dell’interazione tra un farmaco e un individuo predisposto. Il quadro clinico è caratterizzato da febbre, rash eritematoso morbilliforme, ipereosinofilia, linfoadenopatia, linfociti atipici e un coinvolgimento d’organo che può interessare il fegato, i reni, i polmoni, il cuore o il sistema nervoso. La diagnosi viene posta quando le manifestazioni insorgono da 2 a 6 settimane dopo l’introduzione di un farmaco e vengono escluse altre cause. Al momento la sua incidenza è stimata essere da 1 su 1.000 a 1 su 10.000 esposizioni a farmaci. Le banche dati di farmacovigilanza possono permettere una maggiore stima dell’epidemiologia di tale grave reazione avversa a farmaco.

Metodi.

Scopo di tale ricerca è stato quello di confrontare le frequenze di segnalazione della DRESS relativamente ai farmaci noti per causare la sindrome in Italia, con le frequenze relative agli stessi farmaci in Europa. Sono stati perciò considerati i dati italiani estratti dalla Rete Nazionale di Farmacovigilanza dell’Agenzia Italiana del Farmaco, relativi al periodo gennaio 2004 – gennaio 2014, pubblicati da Renda et al. nel 2015. Sono stati estratti i dati europei delle segnalazioni di reazione avversa registrate nella banca dati europea EudraVigilance nel periodo dicembre 2001 – settembre 2021.

Risultati.

I principi attivi sospetti per causare DRESS in Italia, con le relative frequenze, sono: carbamazepina (23,2%), amoxicillina-clavulanato (20,8%), allopurinolo (16%), sulfasalazina (12%), lamotrigina (10,4%), ramipril (7,2%), esomeprazolo (5,6%), stronzio ranelato (3,2%), capecitabina (2,4%). Le frequenze di segnalazione in Europa, relativamente agli stessi principi attivi sono così distribuite: carbamazepina (39,3%), amoxicillinaclavulanato (4,9%), allopurinolo (25,5%), sulfasalazina (9,9%), lamotrigina (16,4%), ramipril (0,5%), esomeprazolo (2,2%), stronzio ranelato (1,3%), capecitabina (0,1%).

Conclusioni.

Da un’analisi descrittiva è possibile osservare che alcuni principi attivi sono proporzionalmente sovra-segnalati in Italia in particolare: amoxicillina-clavulanato, sulfasalazina, ramipril, esomeprazolo, stronzio ranelato e capecitabina. Al contrario, i farmaci maggiormente associati alla sindrome DRESS in Europa sono sotto-rappresentati in Italia: carbamazepina, allopurinolo e lamotrigina. Le variabili che possono spiegare tali differenze sono molteplici: abitudini prescrittive, attitudine alla segnalazione, fattori genetici predisponenti. Per un’analisi più puntuale e completa sarebbe utile disporre dei dati di prescrizione. Una maggiore comunicazione sul rischio di sindrome DRESS rivolta ai clinici e ai pazienti potrebbe permettere di riconoscere più facilmente e più precocemente tale grave forma di ipersensibilità sistemica.

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Scarica qui gli atti del Seminario Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità.

Un ampio studio di sorveglianza postmarketing dei farmaci biologici per malattie infiammatorie immunomediate in Italia: il progetto VALORE.

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Obiettivo

Lo scopo dello studio è stato quello di esplorare il potenziale di una rete distribuita multidatabase per la sorveglianza postmarketing dei farmaci biologici, tra cui i biosimilari, in pazienti con IMID.

Metodi

Uno studio retrospettivo di coorte è stato condotto usando 13 database regionali italiani relativi al periodo 2010-2019. È stato sviluppato un applicativo per analisi distribuite usando un modello comune di dati studio-specifico personalizzato per questo studio.

Gli autori hanno misurato la prevalenza annuale di utilizzatori di farmaci biologici e la frequenza di cambio tra i farmaci originatori e biosimilari per infliximab, etanercept, e adalimumab separatamente e stratificandoli per anno e per regione. Hanno calcolato il numero cumulativo di utilizzatori e gli anni-persona di esposizione a specifici farmaci biologici approvati per le IMID. Per un certo numero di esiti di sicurezza, è stata calcolata la potenza del campione per stimare gli anni-persona di esposizione e studiare la loro associazione con specifici farmaci biologici approvati per IMID, considerando la differente forza di associazione

Risultati

A partire da una popolazione totale di circa 50 milioni di abitanti provenienti da 13 regioni, sono stati identificati 143,602 (0.3%) utilizzatori di biologici, con un’esposizione cumulativa di 507,745 anni-persona (PYs) durante l’intero follow-up. L’età media degli utilizzatori di biologici era di 49.3 ± 16.3, con un rapporto femmine/maschi di 1,2. La prevalenza annua aggiustata per età degli utilizzatori di biologici è aumentata di 3 volte da 0.7 per 1000 nel 2010 a 2.1 per 1000 nel 2019.

Complessivamente, sono stati identificati 40,996 utilizzatori di biosimilari degli inibitori del tumor necrosis factor (TNF)-α (etanercept, adalimumab e infliximab) negli anni 2015–2019. Di questi, 46% (N = 18,845) hanno cambiato in qualunque momento tra originatori e biosimilari o viceversa.

Per analizzare una moderata associazione (tasso di incidenza 2) tra i farmaci biologici approvati per IMID e gli eventi di sicurezza di interesse, quali la neurite ottica (tasso di incidenza di base 10.4/100,000 PYs) o infezioni gravi (tasso di incidenza di base 4312/100,000 PYs), dovevano essere richiesti un totale di 43,311 PYs e 104 PYs di esposizione per ciascun farmaco biologico rispettivamente. Perciò, usando il network, di 15 farmaci biologici approvati per IMID, l’associazione di questi eventi avversi poteva essere studiata per 4 (27%) e 14 (93%) rispettivamente.

Conclusioni

Il network multi-database del progetto VALORE ha accesso ai dati di più di 140.000 utilizzatori di biologici (> 0,5 milioni PY) proventienti da 13 regioni italiane nel perido 2010-2019, che possono essere ulteriormente incrementati con l’inclusione di dati da altre regioni e da anni più recenti.

Complessivamente, l’esposizione cumulativa di tempo-persona per i farmaci biologici approvati per IMID fornisce un sufficiente potere statistico per studiare associazioni deboli e moderate di quasi tutti i farmaci e i più rilevanti esiti di sicurezza. Inoltre, tale rete può offrire l’opportunità di studiare l’intercambiabilità di originatori e biosimilari tra diversi inibitori del TNF-α in differenti aree terapeutiche in condizioni di vita reale.

Bibliografia

Trifirò, G. et al. “Large-Scale Postmarketing Surveillance of Biological Drugs for Immune-Mediated Inflammatory Diseases Through an Italian Distributed Multi-Database Healthcare Network: The VALORE Project.” BioDrugs : clinical immunotherapeutics, biopharmaceuticals and gene therapy, 1–16. 12 Oct. 2021.

Leggi qui l’articolo completo.

Sicurezza del Vaccino Pfizer-BNT in un contesto nazionale.

Introduzione

Gli studi di pre-approvazione hanno mostrato che i vaccini a base di RNA messaggero (mRNA) contro la sindrome respiratoria acuta provocata dal virus SARS-CoV-2 possedevano un buon profilo di sicurezza, tuttavia questi studi erano soggetti a limitazioni relative alle dimensioni e alla selezione di pazienti. Una valutazione della sicurezza del vaccino a mRNA Pfizer (BNT162b2) rispetto a un’ampia gamma di potenziali eventi avversi risultava necessaria.

Metodi

Gli autori hanno utilizzato i dati della più grande organizzazione sanitaria in Israele per valutare il profilo di sicurezza del vaccino Pfizer-BNT162b2. Per ogni potenziale evento avverso, in una popolazione di persone senza precedenti diagnosi di tale evento, hanno abbinato individualmente persone vaccinate a persone non vaccinate secondo i criteri sociodemografici e variabili cliniche. I rapporti di rischio e le differenze di rischio a 42 giorni dopo la vaccinazione è stato derivato con l’uso del metodo di Kaplan-Meier. Per contestualizzare questi risultati, hanno eseguito un’analisi simile su persone con infezione da SARS-CoV-2 abbinato a persone non infette. Gli stessi eventi avversi sono stati studiati in seguito alla vaccinazione e confrontati con quanto riportato dopo l’infezione da SARS-CoV-2.

Risultati

Nell’analisi della vaccinazione, i gruppi vaccinati e di controllo includevano ciascuno una media di 884.828 persone. La vaccinazione era più fortemente associata a un rischio elevato di miocardite (rapporto di rischio, 3,24; intervallo di confidenza al 95% [CI], da 1,55 a 12,44; differenza di rischio, 2,7 eventi ogni 100.000 persone; 95% CI, 1,0-4,6), linfoadenopatia (rapporto di rischio, 2.43; IC 95%, da 2,05 a 2,78; differenza di rischio, 78,4 eventi per 100.000 persone; 95% CI, da 64,1 a 89,3), appendicite (rapporto di rischio, 1,40; IC 95%, da 1,02 a 2,01; differenza di rischio, 5,0 eventi ogni 100.000 persone; 95% CI, da 0,3 a 9,9) e infezione da herpes zoster (rischio rapporto, 1,43; IC 95%, 1,20-1,73; differenza di rischio, 15,8 eventi per 100.000 persone; IC 95%, da 8,2 a 24,2). L’infezione da SARS-CoV-2 è stata associata a un aumento sostanziale di rischio di miocardite (rapporto di rischio, 18,28; 95% CI, da 3,95 a 25,12; differenza di rischio, 11,0 eventi ogni 100.000 persone; 95% CI, da 5,6 a 15,8) e di ulteriori eventi avversi gravi, tra cui pericardite, aritmia, trombosi venosa profonda, embolia, infarto miocardico, emorragia intracranica e trombocitopenia.

Conclusioni

In questo studio in un contesto di vaccinazione di massa nazionale, il vaccino BNT162b2 non era associato ad un rischio elevato della maggior parte degli eventi avversi esaminati. Il vaccino era associato a un rischio eccessivo di miocardite (da 1 a 5 eventi per 100.000) persone). Il rischio di questo evento avverso potenzialmente grave e di molti altri gravi eventi avversi erano sostanzialmente maggiori dopo l’infezione da SARS-CoV-2.

Bibliografia

Barda N, Dagan N, Ben-Shlomo Y, Kepten E, Waxman J, Ohana R, Hernán MA, Lipsitch M, Kohane I, Netzer D, Reis BY, Balicer RD. Safety of the BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine in a Nationwide Setting. N Engl J Med. 2021 Aug 25. 

Leggi qui l’articolo completo.

Remdesivir nella pandemia da COVID-19: un’analisi delle segnalazioni spontanee in VigiBase durante il 2020

Introduzione

Il profilo di sicurezza del remdesivir, approvato in modo condizionato per il COVID-19, è limitato al periodo della sua introduzione nel 2020. Le reazioni avverse (ADR) che lo riguardano sono state raccolte da VigiBase, il database globale del WHO per le schede di segnalazione dei singoli casi.

Obiettivo

Lo scopo di questo studio era di provvedere ad un’analisi descrittiva dei dati relativi alle schede di segnalazione per il COVID-19 che riguardavano il remdesivir, tra cui un’analisi di disproporzione delle ADR.

Metodi

Un algoritmo dedicato capace di recuperare tutte le schede di segnalazione che riguardavano i trattamenti specifici per il COVID-19. Un algoritmo capace di stabilire la gravità basato sui farmaci concomitanti e i sintomi permetteva la selezione del tocilizumab con il suo ben stabilito profilo di sicurezza come paragone per il remdesivir. La statistica descrittiva è stata usata per i dati demografici presenti nelle schede di segnalazione, per tutti i farmaci specifici per il COVID-19, per il remdesivir e il tocilizumab e inoltre per presentare pattern di trattamento di farmaci riportati assieme al remdesivir. È stata condotta un’analisi di disproporzione indirizzata secondo l’indicazione per il COVID-19 per minimizzare i confondenti dalla malattia polisintomatica sottostante.

Risultati

Durante il 2020 sono state inserite in VIgiBase 14.574 schede di segnalazione relative al COVID-19. Remdesivir era il farmaco riportato più di frequente. Tra le 4944 schede relative al remdesivir in cui tocilizumab non era co-riportato, 93 % descrivevano remdesivir come il solo farmaco sospetto. Sessanta percento delle schede riguardavano maschi, con un’età mediana di 63 anni e la maggioranza originavano dalle Americhe (72%). Per 1089 (21%) delle schede riguardanti il remdesivir, i dati indicavano una malattia grave/critica. I farmaci concomitanti erano maggiormente rappresentati durante i primi 3 giorni del trattamento con remdesivir. L’analisi di disproporzione per il tocilizumab e il remdesivir era principalmente in linea con il profilo di sicurezza di entrambi i farmaci ma suggeriva nuove preoccupazioni riguardanti la sicurezza. Le reazioni avverse più rappresentate per il remdesivir erano rappresentate dalla disfunzione epatica, dal danno renale, dal decesso e dalla bradicardia.

Conclusioni

La segnalazione globale delle ADR relative al COVID-19 si è rivelata utile nel fornire informazioni sulle ADR e sui modelli di trattamento in questo gruppo di pazienti. L’analisi della disproporzionalità incentrata sull’indicazione, insieme all’uso di un comparatore con un profilo di sicurezza noto, si è dimostrata efficace nell’identificare informazioni di sicurezza note e ha suggerito nuovi problemi di sicurezza per remdesivir.

Bibliografia

Rocca, E., Gauffin, O., Savage, R. et al. Remdesivir in the COVID-19 Pandemic: An Analysis of Spontaneous Reports in VigiBase During 2020. Drug Saf 44, 987–998 (2021). Leggi qui l’articolo completo.

Inibitori dei check point immunitari e cardiotossicità: un’analisi delle segnalazioni spontanee dalla banca dati Eudravigilance

Introduzione

Gli inibitori dei check point immunitari sono anticorpi monoclonali rivolti contro i linfociti T citotossici associati all’antigene 4 o a cellule apoptotiche di tipo 1 (PD-1) o al loro ligando (PD-L1). Sono usati nella terapia di molte forme neoplastiche con un miglioramento degli outcomes clinici. Tuttavia sono associati ad alti tassi di mortalità. Le reazioni avverse cardiache (miocarditi, pericarditi, alterazioni del sistema di conduzione) sono rare, ma sono associate ad un più alto tasso di mortalità.

Metodi

Dal database Eudravigilance sono stati selezionati  2478 pazienti, in terapia con ICIs (ipilimumab, nivolumab, pembrolizumab, atezolizumab, durvalumab, avelumab, cemiplimab)  che sono andati incontro ad eventi avversi in un arco temporale compreso dalla loro data di autorizzazione in commercio sino al 14 marzo 2020; il campione è stato stratificato per età, sesso, eventi avversi, indicazione terapeutica, fonte della segnalazione, area geografica,  altri farmaci sospetti per la stessa reazione avversa,  farmaci concomitanti. E’ stato calcolato Il Report Odds Ratio ad un intervallo di confidenza del 95% per valutare la frequenza di segnalazione delle reazioni avverse “Disturbi cardiaci” in conseguenza all’utilizzo del singolo  ICIs; successivamente sono state confrontate le singole frequenze.

Risultati

Il 76% di tutti i report fu associato all’uso di nivolumab e pembrolizumab, con una maggiore incidenza nella popolazione maschile ed un’età mediana di 69 anni. Gli eventi avversi cardiaci sono stati gravi in più del 99% dei casi e fatali nel 30,1% dei casi. Considerando tali reazioni, in linea con i dati di letteratura, la miocardite è stata la più comune reazione avversa riscontrata (maggiore nella popolazione trattata con nivolumab o con la combinazione nivolumab/ipilumab). Limitazioni allo studio sono date dal database Eudravigilance, dove  le reazioni possono essere sotto segnalate e le informazioni possono essere incomplete; inoltre la statistica può essere inficiata dalle caratteristiche epidemiologiche dei tumori, dalla data di immissione in commercio e dai dati di sicurezza del singolo farmaco. Pertanto non può essere stabilito il reale profilo di sicurezza degli ICIs, per cui sarà utile promuovere studi specifici per ogni singolo caso.

Bibliografia:

Mascolo A, Scavone C, Ferrajolo C et al. Immune Checkpoint Inhibitors and Cardiotoxicity: An Analysis of Spontaneous Reports in Eudravigilance. Drug Saf. 2021 Sep;44(9):957-971. doi: 10.1007/s40264-021-01086-8. E’ possibile leggere qui l’articolo completo

Modelli di utilizzo, efficacia e sicurezza dei mezzi di contrasto al gadolinio: uno studio osservazionale multicentrico prospettico europeo

Introduzione

Il mercato dei mezzi di contrasto a base di gadolinio (GBCA) dell’UE è cambiato negli ultimi anni a causa della decisione dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di sospendere l’autorizzazione alla commercializzazione dei GBCA lineari e l’autorizzazione alla commercializzazione dei nuovi GBCA macrociclici generici. Lo studio mira a comprendere i modelli di utilizzo dei (GBCA) e a studiare l’efficacia e la sicurezza dei GBCA nella pratica di routine in tutta Europa.

Metodi

Si tratta di uno studio prospettico, trasversale, multicentrico, osservazionale in pazienti sottoposti a risonanza magnetica con contrasto. I modelli di utilizzo riportati includono indicazioni, riferimenti e dettagli dell’esame. La valutazione dell’efficacia includeva cambiamenti nella diagnosi radiologica, fiducia diagnostica e qualità dell’immagine. I dati sulla sicurezza sono stati raccolti attraverso la segnalazione spontanea di eventi avversi (AE) da parte dei pazienti.

Risultati

Sono stati inclusi 2118 pazienti, provenienti da 8 centri in 5 paesi europei, in un periodo compreso  tra dicembre 2018 e novembre 2019.Sono stati utilizzati Clariscan, Dotarem (acido gadoterico), Gadovist (gadobutrolo) e ProHance (gadoteridolo) rispettivamente in 1513 (71,4%), 356 (16,8%), 237 (11,2%) e 12 (0,6%) pazienti. Nella maggior parte dei casi, sono stati utilizzati per eseguire esami con indicazioni relative al sistema nervoso centrale (46,2%). Le dosi medie di GBCA erano di 0,10 mmol/kg di peso corporeo, tranne che per Gadovist (media 0,12 mmol/kg). L’uso dei GBCA ha aumentato la fiducia nella diagnosi nel 96,2% degli esami e ha portato a un cambiamento nella diagnosi radiologica nel 73,9% dei pazienti. La qualità dell’immagine è stata considerata eccellente o buona nel 96,1% dei pazienti e in tutti i GBCA. Quattro pazienti hanno riportato AE (0,19%), con solo 1 (0,05%) considerato grave.

Conclusioni

Questo studio europeo ha confermato che i GBCA sono utilizzati in modo appropriato in Europa per un’ampia gamma di indicazioni. Lo studio ha dimostrato un aumento significativo della fiducia diagnostica dopo l’uso dei GBCA e ha confermato il buon profilo di sicurezza dei GBCA, con risultati comparabili per tutti gli agenti utilizzati

Bibliografia

Jakobsen, J.Å., Quattrocchi, C.C., Müller, F.H.H. et al. Patterns of use, effectiveness and safety of gadolinium contrast agents: a European prospective cross-sectional multicentre observational study. BMC Med Imaging 21, 74 (2021). 

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Sicurezza ed efficacia del tolcapone nella malattia di Parkinson: revisione sistematica

Introduzione

Il tolcapone è un efficace inibitore della catecol-O-metiltransferasi per la malattia di Parkinson (PD). Tuttavia, i problemi di sicurezza hanno ostacolato il suo uso nella pratica clinica. L’obiettivo dello studio è quello di fornire prove di sicurezza ed efficacia del tolcapone attraverso una revisione sistematica della letteratura per supportare le scelte dei medici nell’uso di un armamentario terapeutico della malattia di Parkinson sempre più ampio.

Metodi

Attraverso un’attività svolta su PubMed finalizzata alla ricerca di studi effettuati  su pazienti con PD trattati con tolcapone, con l’utilizzo di parole chiave: enzima epatico, eventi avversi (AEs), tempo di riposo giornaliero, dose giornaliera di levodopa, scala unificata di valutazione della malattia di Parkinson (UPDRS) parte-III, qualità della vita (QoL), e sintomi non motori. I database FAERS e EudraVigilance per gli AE sospetti sono stati interrogati per potenziali casi aggiuntivi di epatotossicità.

Risultati

Sono stati inclusi trentadue studi, per un totale di 4780 pazienti trattati con tolcapone. Per quanto riguarda la sicurezza, lo 0,9% dei pazienti ha mostrato un aumento degli enzimi epatici > 2. In riceche condotte in una linea temporale di 23 anni, sono stati riscontrati 7 casi di lesioni epatiche gravi legate al tolcapone, 3 dei quali con esito fatale. Tutti i casi fatali non hanno seguito le linee guida per il monitoraggio della funzione epatica. La ricerca nel database FAERS e EudraVigilance ha prodotto 61 segnalazioni di sospetti effetti collaterali epatici possibilmente legati al tolcapone.

Per quanto riguarda l’efficacia, la riduzione mediana delle ore/giorno trascorse in Off era di 2,1 (range 1-3,2), di levodopa era di 108,9 mg (1-251,5), di “On” UPDRS-III era di 3,6 punti (1,1-6,5). La maggior parte degli studi ha riportato un miglioramento significativo della QoL e dei sintomi non motori.

Conclusione

I dati della letteratura hanno mostrato l’assenza di preoccupazioni rilevanti per la sicurezza del tolcapone quando viene rispettata una stretta aderenza al monitoraggio della funzione epatica. Data la sua elevata efficacia sulle fluttuazioni motorie, il tolcapone è probabilmente uno strumento sottoutilizzato nell’armamentario terapeutico del PD.

Bibliografia

Artusi, C.A., Sarro, L., Imbalzano, G. et al. Safety and efficacy of tolcapone in Parkinson’s disease: systematic review. Eur J Clin Pharmacol 77, 817–829 (2021).

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