Identificazione e caratterizzazione delle Reazioni Avverse Gravi associate all’interazione tra farmaci in un database di segnalazioni spontanee

Introduzione

L’aumentata presenza di individui con più patologie, soprattutto nella popolazione anziana, ha favorito l’assunzione contemporanea di più farmaci, che possono potenzialmente interagire e i cui effetti clinici sono, ancora, sconosciuti o non ben definiti.

In questo studio si vogliono valutare e caratterizzare le reazioni avverse causate dall’interazione tra più farmaci.

Metodi

Sono state prese in esame le ADRs gravi (2195) inserite tra il primo Gennaio 2015 e il 31 Maggio 2020 nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza della Regione Veneto; criteri di esclusione sono stati: i vaccini, l’assenza di un nesso di causalità definito, probabile o possibile (secondo l’algoritmo di Naranjo), la monoterapia.

Lo studio si è avvalso della piattaforma VigiSegn e le potenziali interazioni sono state valutate attraverso la piattaforma DRUGDEX.

Risultati

La politerapia è una delle cause più comuni di ADRs, tanto maggiore il numero di farmaci in uso, tanto maggiore era il numero di ADRs (95% se in terapia con otto o più farmaci contro il 28% se in terapia con due farmaci). Le interazioni maggiormente riscontrate sono state: aspirina/clopidogrel; aspirina/warfarin; inibitori di pompa protonica/warfarin; antiaggreganti/warfarin. I casi fatali erano rappresentati soprattutto da interazioni tra warfarin con inibitori dell’aggregazione piastrinica e warfarin con antidepressivi. Warfarin era il farmaco più segnalato tra le reazioni avverse di interazione e gli eventi più comuni erano costituiti da emorragie gastrointestinali o cerebrali. È stato notato come l’utilizzo di più farmaci nella popolazione anziana aumenti il rischio di reazioni avverse gravi e la mortalità.

Conclusioni

Le interazioni tra farmaci sono un importante problema di salute pubblica. La popolazione maggiormente interessata è quella anziana di sesso maschile. Le segnalazioni spontanee possono rappresentare uno strumento utile per un monitoraggio puntuale.

Studi futuri dovrannocercare di quantificare le ADRs da interazione farmacologica in modo più sistematico; sarà importante sviluppare delle linee guida e delle strategie di comportamento che aiutino il clinico ad attuare i comportamenti più adeguati conseguentemente la comparsa delle ADRs, infine sarà utile promuovere dei corsi atti a favorire il loro riconoscimento.

Bibliografia

Lara Magro, Elena Arzenton, Roberto Leone, Marilisa Giustina Stano, Michele Vezzaro, Annette Rudolph, Irene Castagna and Ugo Moretti. Identifying and Characterizing Serious Adverse Drug Reactions Associated With Drug-Drug Interactions in a Spontaneous Reporting Database. Frontiers in Pharmacology. 2021 January. PMID: 33536925.

E’ possibile leggere qui l’articolo.

Le interazioni tra farmaci nel trattamento cronico da virus dell’epatite C

L’epatite cronica da virus C (HCV) è un problema di salute globale, coinvolgente circa 71 milioni di persone in tutto il mondo.

Negli Stati Uniti, si stima che ci siano circa 2.7-3.9 milioni di persone affette da infezione cronica da HCV, che causa più di 19 mila morti l’anno.

In Europa, approssimativamente 15 milioni di persone hanno un’infezione cronica da HCV, che porta a 86 mila morti l’anno.

Dopo una fase acuta di infezione da HCV, approssimativamente dal 75% all’85% degli individui sviluppa una forma cronica di infezione. Le complicazioni da infezioni cronica da HCV includono la cirrosi epatica e il carcinoma epatocellulare.

Negli Stati Uniti, l’HCV rimane una delle maggiori indicazioni per il trapianto di fegato.

Prima del 2011, la terapia standard per trattare l’HCV includeva la somministrazione di interferone-pegilato e ribavirina. Questi farmaci erano associati a frequenti reazioni avverse a farmaci e inadeguata efficacia antivirale.

Nel 2013 la FDA ha approvato i primi inibitori delle proteasi virale, boceprevir e telaprevir.

Da allora sono stati sviluppati numerosi altri farmaci più efficaci e meglio tollerati, tra cui varie combinazioni di inibitori analoghi nucleotidici NS5B, inibitori non nucleotidici NS5B, inibitori NS5A, e inibitori delle proteasi NS3/4.

Le combinazioni di farmaci raggiungono oggigiorno una percentuale di successo del 100%.

Tuttavia, le potenziali interazioni tra farmaci sollevano preoccupazioni perché questi regimi terapeutici contengono almeno 2 farmaci (ledipasvir/sofosbuvir), fino a 5 farmaci (ombitasvir/paritaprevir/ritonavir plus dasabuvir plus ribavirin).

Particolari attenzioni vanno date a quei pazienti con condizioni cliniche croniche come la co-infezione da HIV/HCV, individui che ricevono una terapia immunosoppressiva dopo trapianto di fegato, o pazienti con altre comorbilità che richiedono trattamenti farmacologici.

Questa revisione mette in luce la farmacocinetica e le potenziali interazioni tra farmaci per i farmaci utilizzati nella terapia dell’infezione da HCV.

In questa revisione sono stati messi a confronto i vari antivirali, e le possibili interazioni con buprenorfina e metadone, farmaci immunosoppressori, contraccettivi orali e terapie antiretrovirali utilizzate per l’infezione da HIV.

L’infezione cronica da HCV colpisce diversi soggetti a livello globale ed è una significativa causa di morte prematura da cirrosi epatica e carcinoma epatico. Storicamente i trattamenti erano poco tollerati e inefficaci. I recenti sviluppi della terapia per l’HCV consistono di combinazioni di tutte le terapie orali che includono almeno 2 farmaci, fino a 5.

Poiché gli individui affetti da HCV hanno varie altre terapie in atto, è importante pensare alle interazioni tra farmaci per selezionare una terapia sicura.

Bibliografia

Garrison KL, German P, Mogalian E, Mathias A. The Drug-Drug Interaction Potential of Antiviral Agents for the Treatment of Chronic Hepatitis C Infection. Drug Metab Dispos. 2018 Aug;46(8):1212-1225. E’ possibile leggere l’abstract dello studio qui.

Interazioni farmaco-farmaco tra anticoagulanti orali diretti e agenti antivirali ad azione diretta dell’epatite C, una revisione sistematica.

Gli anticoagulanti orali diretti (DOAC), come substrati del citocromo P450 (CYP) 3A4 e / o della P-glicoproteina, sono suscettibili alle interazioni farmaco-farmaco (DDI). Gli agenti antivirali ad azione diretta (DAA) dell’epatite C (HCV), tramite l’inibizione della glicoproteina P o del CYP3A4, possono aumentare l’esposizione a DOAC con un rilevante rischio di sanguinamento.

In questo studio è stata eseguita una revisione sistematica sui DDI tra DOAC e DAA.

Due revisori hanno identificato in modo indipendente gli studi tramite database elettronici, fino al 7 luglio 2020, integrando la ricerca esaminando gli abstract del congresso EASL (Associazione europea per gli studi sul fegato) e il sito Web ClinicalTrials.gov.

Sono stati identificati 1385 riferimenti attraverso una ricerca sistematica nel database. Dopo aver applicato i criteri di inclusione, tre studi erano eleggibili per l’inclusione. Un ulteriore studio è stato identificato attraverso la ricerca manuale degli abstract del congresso EASL.

Tre studi clinici di fase I su volontari sani hanno valutato le interazioni tra dabigatran e glecaprevir/pibrentasvir, odalasvir/simeprevir o sofosbuvir/velpatasvir/voxilaprevir, mostrando un aumento dell’area sotto la curva concentrazione-tempo (AUC) di dabigatran del 138%, 103% e 161%, rispettivamente.

Nel complesso, la scarsità di dati richiede urgentemente studi dedicati nel mondo reale per verificare l’effettiva rilevanza clinica delle interazioni farmacocinetiche con dabigatran e indagare il rischio reale negli utilizzatori di farmaci anti-fattore Xa, sia in termini di rischio di sanguinamento che di insorgenza di danno al fegato. Infatti, sia rivaroxaban che apixaban sono substrati di P-gp e BCRP, mentre il substrato attivo di edoxaban è anche un substrato di OATP1B1, rendendo così altamente probabili interazioni farmacologiche clinicamente importanti.

I nuovi farmaci orali per l’epatite C sono esempi in cui l’interpretazione di una potenziale interazione può essere particolarmente complessa a causa di più farmaci con diversi profili farmacocinetici somministrati contemporaneamente.

Conclusioni

DOAC e DAA sono sotto-studiati per il rischio di DDI. Sono necessari studi sul mondo reale per valutare la rilevanza clinica delle interazioni farmacocinetiche con dabigatran e descrivere l’effettivo spettro di possibili interazioni farmacologiche tra DAA e altri DOAC.

Questa è la prima revisione sistematica che valuta le prove sulle interazioni tra anticoagulanti orali diretti / agenti antivirali ad azione diretta (DOAC / DAA).

I DAA aumentano la concentrazione di dabigatran, mentre non erano disponibili studi per altri DOAC.

Sono necessari studi nel mondo reale per valutare la rilevanza clinica di questa interazione e per descrivere l’effettivo spettro di possibili interazioni farmacologiche tra agenti ad azione antivirale diretta e altri anticoagulanti orali diretti.

Bellesini, M., Bianchin, M., Corradi, C. et al. Drug–Drug Interactions between Direct Oral Anticoagulants and Hepatitis C Direct-Acting Antiviral Agents: Looking for Evidence Through a Systematic Review
Clin Drug Investig (2020). https://doi.org/10.1007/s40261-020-00962-y

Visualizza l’articolo intero qui.

La terapia anticoagulante in corso di SARS-CoV2

Il ricorso a terapie sperimentali per il trattamento di COVID-19 ha aperto, tra le altre cose, la questione delle interazioni farmacologiche con terapie per malattie concomitanti. In questo ambito la presenza di coagulopatie o fattori di rischio per tromboembolia rappresentano una sfida importante per il clinico, che deve trovare il giusto equilibrio tra le terapie, in assenza di dati comprovati.

 

 

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